I PSR (piani per lo sviluppo rurale) sono una parte dell’oceano di finanziamenti che l’Unione europea distribuisce agli Stati membri. La politica agricola comune (Pac) si divide in due pilastri: il primo è quello dei finanziamenti diretti agli imprenditori (assegnati da Bruxelles), il secondo è costituito, appunto, dai Psr gestiti a livello regionale.
Nel periodo 2007-2013, la maggior parte del tesoro europeo (oltre il 70%) è stato allocato attraverso il primo pilastro, quello dei pagamenti diretti. Il resto invece è passato attraverso i nostri centri di spesa: tra fondo europeo e cofinanziamento nazionale, l’Italia ha potuto stanziare 17,5 miliardi di euro per le politiche rurali. Una cifra enorme.
I guai sono iniziati quando le regioni hanno iniziato a pianificare i Psr. Alla fine di una serie impressionante di approssimazioni e ritardi, il danno è stato contenuto nei due anni successivi alla scadenza (c’era tempo fino al dicembre 2015). L’Italia alla fine ha dovuto restituire “solo” 115,7 milioni di euro. Poco rispetto allo stanziamento complessivo, tantissimo se si pensa a quanto ci sia bisogno di risorse in anni di disoccupazione a due cifre.
Alla scadenza naturale del ciclo di pianificazione, nel dicembre 2013, l’Italia aveva impiegato appena il 65,9% del tesoro europeo. Due anni più tardi, quando mancavano solo due mesi alla dead line definitiva, c’era ancora quasi un miliardo di fondi da distribuire.
Poi è arrivata un’improvvisa (e impressionante) accelerazione. Si è passati dalla paralisi burocratica alla “chiusura di qualche occhio” nella compilazione e assegnazione di bandi regionali, pur di evitare la rinuncia a una cifra ancora più cospicua di quella poi restituita.
Il ciclo 2014-2020 si è aperto peggio del precedente. Le risorse sono aumentate (nel solo 2014 l’Ue ha speso 5,5 miliardi di euro per l’agricoltura italiana), ma l’inefficienza è stata più che proporzionale. A fine 2016 in alcune Regioni deve essere ancora presentato il primo bando.
(E nelle Marche?)
Inchiesta di Tommaso Rodano, giornalista de Il Fatto Quotidiano
Lì per lì credo che la nostra regione dia fondo ai finanziamenti europei: solo che – come Mariangela mi faceva notare – il PIL regionale non cresce. Dunque li intercettano e non li spendono bene.