Una lunga lunga pista di pattinaggio naturale
dal nostro residente (in Svizzera), Cesare Spoletini
Il sito sta a una dozzina di chilometri da casa mia, in città della Chaux-de-Fonds.
Si tratta di un lago fluviale (un allargamento del fiume Doubs che scorre verso est) gelato, dopo giorni a temperature notturne intorno ai -16°C. La crosta di ghiaccio galleggiante è sostenuta dall’acqua liquida sottostante, ha uno spessore di circa 12 cm. Purtroppo ci è anche nevicato sopra per una decina di centimetri e altri se ne stanno aggiungendo con le prossime nevicate. Dico purtroppo per i pattinatori che si trovano ostruiti dalla coltre. Non altrettanto gli sciatori di fondo che vanno veloci e tranquilli. Poi, ci sono gli appiedati che vanno a spasso senza troppo scivolare, grazie al tappeto di neve. E se cadono, cadono su un tappeto… Il confine di Stato corre sulla mezzeria del fiume. La gente che si vede camminare è francese o extracomunitaria (svizzera, per intenderci…) a parte qualche straniero, come me. Ognuno ritorna sulla sua sponda dopo la passeggiata.
Senza la neve il ghiaccio è nero, come una lastra di vetro, trasparente sul buio dei fondali. La profondità, in alcuni punti, supera i 70 m (siamo in una gola calcarea erosa dalle acque per millenni). Quando non c’è neve diventa difficile e pericoloso camminarci sopra senza suole chiodate a ramponi d’acciaio o con i pattini a lama. Gli scivoloni possono essere micidiali. Meglio avere
un casco in capo! E poi fa impressione: un’impressione maledetta e stupefacente, perché si vede attraverso, in trasparenza, verso gli inferi bui danteschi… Ogni tanto una spaccatura attraversa la superficie a zigo-zago: sono delle giunture di dilatazione naturali, come quelle dei binari ferroviari. Esse separano una lastra galleggiante dall’altra (enormi e “sconfinati” zatteroni) e permettono la dilatazione e il ritiro del ghiaccio secondo le escursioni termiche (sole, nuvolo, giorno, notte…).
Dalle fessure affiora spesso un po’ d’acqua liquida e si può notare il diverso comportamento di galleggiamento fra le due placche, per qualche millimetro, su e giú. Nessun pericolo per chi osserva: ci si può saltare sopra in gruppo, tanto regge e non si sfonda. Non è sempre consigliabile avvicinarsi alle pareti, poiché esistono sorgenti che ne scaturiscono, invisibili, da parete, immettendo acqua più “calda” sotto il livello, a fragilizzare il ghiaccio. Allora si potrebbero avere improvvise e spiacevoli sorprese…
Una decina d’anni addietro, mi è capitato di andarci in bici, su quel lago (con le gomme chiodate). Pioveva e, pertanto, non c’era nessuno: solo io, unico pazzoide in bicicletta… Silenzio assoluto nella strettoia fra le due falesie verticali, di qua e di là. E, allora, si
sente la “voce” del lago ghiacciato: colpi secchi di frattura delle lastre in dilatazione, minima, millimetrica, ma continua. Poi ci sono le enormi bolle di metano che si sprigiona dalla vegetazione subacquea: le bollicine si radunano sempre sotto la crosta, nelle
parti più alte, formando grosse bolle schiacciate, compresse ed imprigionate che cercano di fuoriuscire verso l’alto, cercando la via. Quando la trovano, corrono in lievissima “salita” (pochi centimetri di dislivello su lunghezze ettometriche) per decine di metri verso una fessura per liberarsi in atmosfera. Scorrendo, fanno un rumore sordo, basso, e roboante: “bloooom”!
La superficie era bagnata dalla leggera pioggia, si erano formate vaste pozzanghere con un velo d’acqua che rendeva lo specchio
sdrucciolevole e trasparente all’inverosimile. Tutto ciò sommato, m’è presa una fifa di quelle col fischio… Reazione irrazionale, ma la fifa non sente ragioni! Ho descritto un vasto tornante stando ben attento a non curvare secco per non derapare con la ruota davanti e trovarmi sul pavimento gelato, móllo come uno straccio per pavimenti, appunto. Sono tornato indietro e sono uscito sulla riva di partenza.
Siccome sono un impunito, nel 2014 sono riuscito a convincere qualche amico a recarci, insieme, sul medesimo lago ghiacciato verso le 11 di sera, a notte fonda, cielo sereno e luna piena, con un freddo della madonna! Fra costoro, anche un amico curdo reso paraplegico da un ictus, su sedia a rotelle e sua moglie, salernitana. Non c’era neve: ghiaccio liscio, pulito, e qualche difficoltà nello spingere la sedia, ma io avevo i ramponi e ce la siamo cavata egregiamente. Stupore e meraviglia assoluta della bellezza naturale. Poi, siamo andati a bere un punch caldo al ristorante francese vicino. Ci hanno preso per matti, ma è stato un fantastico diversivo, assolutamente impagabile! Ancora lo raccontano, quei “matti”.
Per rendersi conto di quanto sia lunga questa pista di pattinaggio naturale, basterà andare su Google Earth, digitando “ Les Brenets ” (il comune svizzero del luogo, a sud del quadro, come dapprima appare). La veduta satellitare è una foto estiva, con le barche sull’acqua. Una linea gialla materializza il confine di Stato. Il fiume prosegue dalle alture del Giura entrando in Francia verso Besançon, il cui centro storico è costruito all’interno di un’ansa fluviale. La città e il fiume sono ampiamente descritti da Gaio Giulio, detto Cesare, nel suo “De Bello Gallico”. Besançon fu città gallico-romana, come Senigallia. Si chiamava Vesontio (da cui Besançon).
Cari concittadini senigalliesi residenti in patria,
il nostro Mauro Guenci vi potrà illustrare con dovizia di particolari le emozioni del pattinaggio (a rotelle in linea) lungo le strade comunali (buche permettendo…) http://www.mauroguenci.it
Quanto al ghiaccio, da domani 28 gennaio, al Foro annonario, potrete cimentarvi nella disciplina invernale sulla pista artificiale, fra il colonnato del Ghinelli. Non sarà spettacolare come quassú, nella Gallia transalpina… ma tant’è. I senigalliesi si sono sempre distinti nel pattinaggio, fin dagli anni cinquanta. Stavolta, affilate le lame e buon divertimento.
Non seguirò il tuo consiglio, Cesare. Tantomeno sopra un lago svizzero.
Finirei in un buco come una foca.
“Pattinando sopra il ghiaccio sottile la nostra speranza di salvezza sta nella velocità” (Ralph Waldo Emerson)