Nonostante permanga l’euforia comunale
di Leonardo Badioli
“La qualità della vita in città è migliorata”, ha affermato il sindaco di Senigallia in calce al consuntivo dell’azione amministrativa del 2018. E se lo dice lui dev’essere vero.
Ma certo, una breve passeggiata per le vie del centro mostra tutt’altro spettacolo: una crisi gravissima per una città di antica tradizione mercantile qual è Senigallia.
Nessuno sostiene i piccoli negozi e le botteghe, visto che contano poco o quasi nulla sul piano elettorale e clientelare e non muovono soldi importanti come nel caso dei centri commerciali. La crisi non è il mercato, ma la stupidità di sindaci, governatori, assessori.
Vorrei rispondere alle persone che hanno commentato la triste visione delle botteghe chiuse: sono note singolarmente molto belle, che descrivono il declino di una civiltà urbana e, rispetto a chi le scrive, veritiere per esperienza e riflessione. Sono proprio, così bene espressi, i sentimenti che mi hanno indotto a fare questo giretto per la città – per una documentazione assolutamente incompleta, ma esemplare di quanto ci perdiamo. Aggiungerei solo una cosa che mi consentono le loro osservazioni: non c’è più cittadinanza dove si concede, anzi si concorda, l’assetto urbano (che appartiene e tutti) e i debiti finanziari con società non locali che gestiscono supermercati. Un vero grazie. Non lasceremo cadere l’argomento e ne chiederemo ragione ai decisori.
Il piccolo negozio, come la bottega, significano storia, identità e comunità. Sono anche luoghi dove ci si ritrova e si sconfigge, specie quando si è anziani, la solitudine. Con la chiacchiera e con la compagnia della collega di acquisti, del vicino di casa, del negoziante che ti conosce e ti ascolta da una vita. Ogni bottega che chiude è una perdita di competenze, di conoscenze, di valore economico e sociale, di un pezzo del tessuto di una città. È un danno per la qualità della vita dei residenti!
Non a caso, i centri storici dove i turisti si sentono più gratificati in Italia sono quelli dove accanto alle bellezze dei monumenti e delle case, è rimasto integro un piccolo tessuto di bar, botteghe, luoghi di ritrovo, piccoli negozi locali. Un esempio per tutti è il caso del comune di Lecce, dove ogni anno le presenze turistiche aumentano con percentuali a due cifre.
I piccoli negozi e le botteghe chiudono sempre per gli stessi motivi. Gli affitti ti strozzano, la concorrenza dei centri commerciali è insostenibile, le pressioni di chi vuole subentrare diventano ogni giorno più incalzanti, la burocrazia fiscale fa impazzire. Si chiude così per disperazione più che per una logica di mercato. E si chiude nel silenzio, nell’indifferenza delle amministrazioni locali, di quei sindaci, presidenti di regioni e di province (sono ancora in piedi), assessori vari, che nulla oppongono contro l’avanzata delle grandi griffe e dei centri commerciali che snaturano i luoghi dell’identità italiana e nulla fanno per sostenere e aiutare il piccolo commercio e le botteghe!