L’HOTEL MASSI CON UN BAGNO IN OGNI CAMERA 

NON CE N’ERA UN ALTRO COSI’ TRA BOLOGNA E BARI

UN GIORNO D’ESTATE ARRIVO’ LA PIU’ FAMOSA COLLEZIONISTA D’ARTE

 

due settimane con Peggy Guggenheim
Peggy Guggenheim

 

di Leonardo Badioli

Enrico Massi parla spesso e volentieri di suo nonno, di cui porta il nome. Perché lui, nato a Scapezzano del 1887 da bisnonni che, a quanto si è saputo, avevano un lasciapassare del Passator Cortese per portare nei mercati di Romagna lame falci coltelli da loro lavorati con l’arte del fabbro, a un certo punto s’era reso tuttofare presso l’elegantissimo Albergo Roma; e  poi, divenuto più grande, aveva avvicendato i Petroncini in quella gestione. Poco dopo, sapendoci fare, aveva preso anche lo Stabilimento Bagni e con questo era diventato il più importante albergatore di questa città.

Fino a quando, in quella notte del 1930, il terremoto danneggiò entrambi gli alberghi irreparabilmente. Lui non si perse d’animo, però, e in quattro e quattr’otto allestì un capannone di legno in mezzo a Piazza delle Erbe in cui mandava avanti un ristorante molto ben frequentato (perché allora quelli non ben frequentati non c’erano affatto e i poveretti mangiavano dentro casa loro).  Fu quanto bastava per rimettersi in piedi e per giocare una carta decisiva: costruire un albergo interamente di sua proprietà.

L’Hotel Massi sorse dove prima era Villa Pasqua, nel luogo in cui oggi si trova  l’Hotel Duchi della Rovere, che ne è l’evoluzione dopo essere stato per un po’ Albergo Astoria; ed era adesso l’albergo più importante a Senigallia. Non solo a Senigallia, perché non ce n’era un altro tra Bologna e Bari che avesse i bagni in ogni camera.

E nonostante i nostri concittadini ironizzassero parecchio su quella innovazione – “Ti immagini se tirano tutti lo sciacquone nello steso momento? In quell’albergo non si dorme più!” – lui aveva ricevuto un premio in denaro dal Segretariato al Turismo per averla introdotta. Il vecchio Enrico Massi vedeva lontano.

Soprattutto nonno Enrico sapeva stare al mondo. Non aveva la tessera del Fascio, però si trovava molto bene col potere locale; e ai responsabili politici che gli facevano presente l’imbarazzo per il fatto che lui non l’avesse, rispondeva che un albergatore non può essere iscritto a un partito dal momento che il suo compito è ospitare tutti.

Se la cavò più che bene fino al giorno in cui varcò la porta dell’albergo nientemeno che  Peggy Guggenheim, personaggio già noto per le sue frequentazioni veneziane. Chissà per che motivo era venuta. Era comunque d’estate, e si può immaginare che la ricca americana trascorresse al mare la parte restante del tempo che invece passava attaccata al telefono. Perché certo, all’Hotel Massi il telefono c’era, di quelli ovviamente che stavano appesi al muro; scaricate le sue due cagnette, dalle quali la Guggenheim era inseparabile, s’era subito messa a sbraitare attraverso la cornetta contro il Duce, il governo, la politica italiana. Era oltre la metà degli anni trenta, e i contrasti col fascismo per lei riguardavano non meno che la politica, le arti.

Purtroppo però quelle telefonate erano udite da tutti, né Peggy si curava di nasconderle alle orecchie più sensibili.

“Signora”, suggeriva accortamente Enrico Massi, “magari non è il caso di gridare tanto, ci mette in difficoltà, lei lo capisce!”

“Signora”, ritornava a implorare dopo qualche giorno, “non ci faccia passare dei guai: lei è americana e non le accadrà niente, ma noi siamo di qui e non è questo il modo…”

Finché furono viste un certo giorno aggirarsi tutto attorno e nello stesso albergo alcune facce che non erano certo di turisti-per-caso: assai probabilmente agenti dell’OVRA, la polizia segreta del partito-governo.

Fu diretta conseguenza che, in capo alla seconda settimana, nonno Enrico si vide costretto a deporre ogni riguardo ed affrontò la donna:

“Signora, se vuole comunicare a qualcuno il suo pensiero politico dovrà farlo in privato; altrimenti mi vedrò costretto a chiederle di lasciare l’albergo”.

All’udire di quest’ultima ingiunzione la pungente Peggy non ritenne di essere  seconda: in pochi minuti fece su le valige, sistemò le cagnette sui blocchi di partenza, chiamò un’automobile e oltrepassò la porta.           

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