“Sono nessuno. Sono tutti quelli che ho intorno”
di Bogdan Andrei Ciofoaia
Sono giovane…troppo giovane. Ho 16 anni. Ho la testa rasata. Ho un simbolo nero sul braccio. Ho troppe incertezze ma non gli do peso. Ho dentro di me i principi di qualcun altro perché i mei sono rimasti ad Amsterdam fra una canna ed una pasticca. Ho una sbarra di ferro nascosta nella manica della giacca e una mezza idea sulla giustizia sociale. Ho paura e sto per arrabbiarmi di brutto. Sono giovane…troppo giovane. A parte questo non so chi sono…ma vorrei sapere chi cavolo sono questi altri.
Sono perduto…ho 18 anni, forse. Forse ne ho di più. Di sicuro ne ho di più. Sono afgano. Sono orfano. Ho due cicatrici…due auguri funesti mandati alla furia cieca talebana quella notte che sono entrati e si sono portati via la luce dagli occhi dei miei genitori, fratelli e nonni. Volevo trovare un kalashnikov e portare con me nell’inferno almeno un paio di loro. Volevo bruciare nel fuoco della vendetta, sul rogo della guerra vicino al quale mi cullavano da bambino. Volevo…volevo vivere alla fine…non è nemmeno che volevo vivere…non mi andava di morire quel giorno. Così sono venuto qui e qui…non so più chi sono. Nessuno sa chi sono.
Sono in coma…non so più quanti anni ho. Lavoro in fabbrica…vivo con i miei. Vivo…si fa per dire. A Natale voglio che mi regalino i dvd della Juve. Mi regalano sempre “lo straniero” di Camus. Mi incazzo ogni volta. La sera scappo all’osteria…ci sono i miei amici…non li conosco…forse abbiamo fatto le medie insieme…forse nemmeno loro conoscono me. Parliamo della Juve. Bevo. Tanto. La Juve ha perso. Bevo. Di più. Vado via incazzato. Mi fermano. Di sicuro tifano per l’Inter. Mi levano patente e auto. Vado in fabbrica a piedi. 3 Km ogni mattina. 3 Km ogni sera. Meno male che mi hanno fermato. Se mi spezzavo l’osso del collo sulla strada chi la sentiva la mamma?
Sono sopra. Sono nuovo di zecca. Sono fiammeggiante. Sono il tuo modello, il tuo sogno, sono il poster sulla porta della tua camera da adolescente. Sono troppo gusto, sono troppo fico, sono troppo forte, sono troppo griffato, sono un toro raga…ho l’atteggiamento vincente raga…sono destinato alla prima serata fratè. Mamma non lavora. Babbo fa l’operaio. Beve. Non ho una lira nelle tasche, questa non te l’aspettavi, vero? Me ne fotto raga…me ne fotto di chi io sia…non sono nulla finché non vado a Uomini e Donne
Sono…sono una badante. Chi sa perché la prima parola che mi è venuta in mente sia stata proprio questa? Sono…sona una donna, sono una madre, una ex-moglie, una guerriera di questa nuova era pseudo femminista. Pensa un po’…il massimo dell’emancipazione: lasciare il marito e venire qui…nel grande Ovest. Sono una che ce l’ha fatta. Sono libera, si fa dire…schiava sette giorni su sette, in silenzio, sotto gli strani umori di una vecchia rimbambita e di suo figlio quarantenne che vive con lei…Sono una badante, non badate a me.
Sono colui che ti vende bolle di sapone per uso personale. Colui che altera la tua realtà. Sono il tuo Paese delle Meraviglie, Alice. Sono il tuo Mefistotele, Fausto. Sono il tuo Orfeo, Euridice. Sono colui che ha una farmacia intera nelle tasche. Sono…non guardarmi male che ti danneggerò i denti prima che lo faccia l’eroina che prendi di nascosto nel bagno del tuo ministero. La sera misuriamo in grammi il marciume della tua coscienza, io la Sfinge e tu un povero Edipo, ma di giorno mi guardi disgustato, protetto dal viscido abbraccio dei tuoi elettori, Tu Messia corrotto, loro pecorelle smarrite. Drogati pure quelli, ma loro non comprano la roba da me. La prendono ogni sera in cartine di Tg, con filtro di pubblicità. Mi guardi male ancora? Ma non sai chi sono?! Io sono il Mago di Oz, caro Spaventapasseri.
Sono alla fermata dell’autobus…le mie ali sanno di piombo e il cielo è troppo lontano. Sono nessuno. Sono tutti quelli che ho intorno. Sono confuso. Sono in dubbio. Sono povero. Sono più ricco di quanto pensi. Sono disoccupato. Sono ancora qui? Sono vivo.