La Biennale di Senigallia
L’esposizione internazionale ideata da Serge Plantureux invita a riscoprire la materialità dello scatto.
L’urlo di Mario Giacomelli: “La perfezione fa schifo!”
Chi è Serge Plantureux? Sfugge alle definizioni ma ascoltando i suoi racconti inevitabilmente ci appare come un Indiana Jones della rarità d’arte (opere, libri, documenti) e, in particolare, della fotografia. Parigino di adozione, accademico per caso, globetrotter per natura, poliglotta per necessità, ha lavorato come consulente per il ritrovamento di opere d’arte e documenti per i principali musei e istituzioni francesi ma non solo. L’opera d’arte come documento e il documento come opera d’arte. È in questa inversione continua che nasce l’amore sconfinato – come l’estensione planetaria della trama delle sue relazioni con istituzioni, artisti, studiosi, collezionisti ed editori – per la fotografia, documento e opera d’arte insieme (che si stampa e che a volte diviene anche libro).
Oggi Serge Plantureux ci appare più afferrabile, lo si uò incontrare molto spesso a Senigallia dove ha un suo atélier, una sorta di miscela tra una stazione di posta per la rarità d’arte fotografica e un quartier generale per progettare e rendere matericamente reale, tra le altre iniziative, la Biennale di Fotografia di Senigallia. È un’iniziativa piuttosto recente. La prima, considerata una sorta di prova generale, è del 2019, la seconda del 2021. Certo, Senigallia, (nota ai più per la cosiddetta “spiaggia di velluto”) si è guadagnata il titolo di “Città della fotografia”, ma per ricercare i motivi per cui Serge Plantureux abbia deciso di fondare un’esposizione internazionale di fotografia a Senigallia occorre attraversare con il suo aiuto una qualche sua cosmogonia.
Risale al 1992, in piena âge d’or della fotografia italiana d’autore, quando Serge Plantureux decide, approfittando di uno dei suoi viaggi in Italia, di incontrare personalmente Mario Giacomelli, a Senigallia, in quella tipografia Marchigiana in via Mastai. Ne aveva sentito parlare dagli amici romani della libreria underground “Ferro di Cavallo” come di “un fotografo che vive e produce arte come nell’Ottocento, completamente fuori dalla modernità, personalità enorme di una creatività quasi bestiale nell’uso dell’obiettivo, dello sviluppo e della stampa”. Serge Plantureux (accompagnato dall’editore parigino Josè Corti e da “un giovane fotografo funzionario della statale francese”) ricorda quell’incontro con Giacomelli come un fallimento totale, dove i tre vengono letteralmente cacciati in malo modo dalla bottega. Solo tre anni dopo Plantureux viene accolto in tipografia da Giacomelli, e finalmente comprende il senso dell’episodio precedente. Proprio nel ’92 Giacomelli aveva firmato un contratto con un’importante galleria di Milano “che aveva una visione della fotografia incompatibile con la sua: stampe di una certa dimensione e di una certa qualità”. C’è un episodio che molti ricordano a Senigallia, quando Giacomelli chiama a sé tutti i suoi amici e distrugge in pubblico tutte le stampe di quel progetto urlando: “la perfezione fa schifo!” Per Serge Plantureux Mario Giacomelli è stato l’ultimo artista ad avere questa ossessione per la materialità delle foto. Il profondo conflitto vissuto da Giacomelli con l’evoluzione rapidissima del mercato della fotografia d’arte è una metafora perfetta per comprendere il motivo per cui il globetrotter che conosce sin troppo bene il mercato dell’arte globale sceglie Senigallia e non Parigi per la sua Biennale di fotografia: Senigallia è perfetta per un’esposizione internazionale di fotografia dove coloro che espongono sono tutti alla pari, proprio perché lontana dai grandi mercati. Alla Biennale di Fotografia di Senigallia i grandi mercanti sono già arrivati e arriveranno ancor di più, ma – secondo Serge Plantureux – qui sono piacevolmente costretti a riscoprire quella materialità dell’opera, ad accorgersi di quella non-perfezione tanto necessaria (nell’era della valorizzazione digitale) che Giacomelli anni or sono aveva “urlato”.
L’evento che si rinnova ogni due anni è però di fatto un laboratorio permanente. La recente asta internazionale dedicata alle opere fotografiche e pittoriche di Mario Gicomelli e il convegno internazionale dal titolo “Il desiderio mimetico e il mercato dell’arte. Il plagio nell’era digitale – Omaggio a René Girard” sono soltanto alcune delle “avventure” proposte da Serge Plantureux per condurci all’avvio della Biennale della Fotografia di Senigallia del 2023.
(da Il Foglio Arte di venerdì 24 giugno 2022)