Venerdì 12 febbraio nei locali del Centro sociale Adriatico, con la collaborazione della Biblioteca “Luca Orciari”, si è svolta una piacevole e bella manifestazione musicale, grazie alla presentazione del nuovo disco degli “Arbitri Elegantiae”, “Canto di un pezzo di storia”.
Il nome “Arbitri Elegantiae” tradotto dal latino significa “arbitri dell’eleganza” e deriva dal soprannome dato a Petronio, antico scrittore romano, autore del famoso “Satyricon”. Per la band senigalliese il significato si amplia fino a comprendere tutti noi, arbitri dell’eleganza del nostro tempo, responsabili della bellezza del mondo. L’iniziativa è stata presentata dal dott. Donato Mori, il quale ha sottolineato mirabilmente il valore artistico dei brani. Sul palcoscenico si sono esibiti i componenti del complesso musicale, Lorenzo Franceschini (autore dei testi), Federico Messersì, Gabriele Ciceroni e Giovanni Frulla, accompagnati dalla cantante Silvia Falcinelli, dal tastierista Marco Giulianelli e dal percussionista Eugenio Gregorini, da diverso tempo loro stretti collaboratori. La veste grafica del disco è stata creata dal pennello dell’artista pesarese Paolo Savelli e dagli scatti fotografici del senigalliese Gianluca Rossetti, mentre la registrazione è stata effettuata da Giovanni Imparato.
I brani contengono un significato poetico degno di riflessione e di approfondimento, che si presta a diversi spunti interpretativi. Una poesia capace di comprendere un paesaggio variegato, con interiori risonanze, nostalgie e malinconie, delicati sentimenti. La natura è attraversata dalle stagioni della vita, talvolta inquieta e travagliata, ma sostenuta da un filo sottile di speranza di contro al male del nostro tempo storico, la rassegnazione. E noi ci ricordiamo della nostra dignità, che non può non rinascere. I versi spaziano su molteplici motivi. Da un canto d’amore e di bellezza (“Canterò”), con “ragazze più belle, più dolci…profumo d’inverno…feste d’estate…baci,carezze…” si passa allo smarrimento esistenziale, che trova un punto di approdo nella terra, prima calpestata e poi capace di mostrare paesaggi in cui riconoscersi (“Quando il cielo”). Non manca l’amore “distratto” dell’uomo, quale possesso della ragazza, “Sarai mia!”, perché “c’è nebbia nell’aldiquà” (“Laila”). Ritorna l’inquietudine legata al nulla, stemperata dal senso del futuro, di un progetto, di una meta. Sempre “c’è una spiaggia per dormire, per amare o per soffrire” (“Per allegoria”). E poi mai dimenticarsi dell’ultima fermata in “Lei”, la morte, invano rimossa dalla cultura contemporanea. Credenti di diverse religioni discutono sull’aldilà, riempiendolo di idee conformi al proprio credo, mentre l’ateo sostiene la fine del tutto, quando “Lei” chiamerà. Ma “Lei”, che nella penombra aveva ascoltato la loro discussione, dopo averli fissati in volto, li invita a seguirli, “ venite con me vi mostrerò la verità”. Sono versi molto suggestivi, simili alle ballate medioevali, evocativi del senso del mistero, di una verità che non si può dire, ma per questo non meno presente, non meno reale, che richiede serenità e fermezza. La forza interiore ispira tutta la poesia dei nostri arbitri senigalliesi, arbitri del saper vivere sempre con dignità e coraggio.
Giulio Moraca