Vi capita mai di avere l’impressione di non essere all’altezza, di non avere le capacità necessarie per portare a termine un lavoro ambizioso?
Quest’espressione è abbastanza comune e il più delle volte è passeggera, ma quando si trasforma in una convinzione duratura si entra nel quadro della “sindrome dell’impostore”, che è abbastanza diffusa in molti ambienti professionali.
L’individuo che ne è colpito si convince di non essere adatto alla posizione che occupa o alla quale aspira, e teme che prima o poi sarà smascherato in quanto impostore. Il timore è così forte che può spingere a rinunciare a qualunque nuova opportunità in grado di far avanzare la carriera. (…) Riguarda generalmente persone con un livello culturale elevato, ed è endemico tra gli scienziati. Alcuni articoli su questa sindrome sono apparsi su riviste come Science e Nature.
La misura del proprio valore
In effetti il contesto in cui crescono e poi evolvono i ricercatori sembra essere propizio allo sviluppo della sindrome. Spesso gli studenti brillanti tendono a misurare il loro valore personale attraverso i successi accademici, cosa che li rende a dubitare di se stessi e ad avere l’impressione di non possedere i requisiti quando cominciano a confrontarsi con altri cervelli altrettanto brillanti, o quando devono fare i conti con un articolo rifiutato o una domanda respinta. E’ risaputo che la moneta che retribuisce un ricercatore non è il denaro, ma il riconoscimento. Se questo non arriva, comincia a manifestarsi la sensazione di essere un impostore. (…) Il paradosso è che si tratta di persone oggettivamente molto competenti. Alcuni pensano che la diffusione del sentimento di impostura tra gli scienziati nasca dal fatto di doversi confrontare quotidianamente con la consapevolezza di non poter mai capire tutto.
Imparare a relativizzare
E’ interessante notare che esiste anche il fenomeno inverso, il cosiddetto effetto Dunning-Kruger, che mostra come alcune persone molto incompetenti abbiano un’eccessiva fiducia nelle loro capacità e nel loro giudizio, e quindi non conoscano né il dubbio né l’angoscia.
Angela Sirigu, neuroscienziata. Dirige l’istituto di scienze cognitive Marc-Jeanne-rod, del Centro nazionale di ricerca scientifica a Lione, in Francia
Ho letto con molto interesse l’articolo e devo dire che faccio parte della schiera di coloro che ne soffrono. Non so dire se è un male o un bene, ma comunque sia preferisco essere così piuttosto che far parte del fenomeno inverso. Già nel mondo ci sono abbastanza persone “convinte”.