Ancora troppe barriere architettoniche

LE CITTA’ RAGIONANO SOLO CON LE GAMBE

 

A Senigallia. Una serata come tante, la voglia di una birra in compagnia di un amico con cui chiacchierare. Lui, in carrozzina e io dietro che lo spingo. Ho parcheggiato la sua macchina “speciale” con lo scivolo in Piazza Simoncelli. Non sono andata alla ricerca di un parcheggio per disabili – abbiamo fretta di trovare un luogo accogliente per scaldarci – avrei perso tempo, il più delle volte sono occupati da coloro che non sanno nemmeno cosa sia il cartellino sul vetro del cofano con la “H” – tanto vigliacco ci fosse un vigile che li controlli – oppure il cartellino giallo ce l’hanno, rimediato non si sa come, perché non hanno mai avuto a che fare con chi al posto delle gambe ha le ruote. Ma non lo sapete che i parcheggi con la striscia gialla sono da lasciare liberi? Non ci pensate? Mi indigno. Ma a che serve? Mi rassegno, il mio amico si rassegna mille volte al giorno. Siamo all’aperto, liberi, per lui già questo è un traguardo. Ci dirigiamo verso Piazza del Duca, c’è il Caffè Bicchia. Per abitudine punto le scale. Errore, il locale è sotterraneo e manca di uno scivolo. Impossibile imboccare la porta d’ingresso. Non importa, proseguiamo verso un altro Caffè vicino. Il Caffè Centrale in Corso II Giugno. Qui è tutto su un piano e per fortuna riusciamo ad entrare. Ma la voglia di un posto tranquillo per raccontarci le nostre storie dobbiamo farcela passare in fretta, perché non esiste più una sala privata con le poltroncine sostituita da una grande libreria. Che facciamo? Ci dobbiamo accontentare di un veloce caffè davanti al bancone. Il tempo di alzare la temperatura alle nostre mani che riparte la ricerca. Altro posto, il pub Saladino in Via Pisacane, spazioso, ideale, se non fosse che anche qui ci sono le barriere. Quattro gradini. Ci vorrebbero almeno tre persone disposte ad aiutarci. Non ci sono, è un mercoledì sera d’Inverno e i locali a Senigallia sono semivuoti. Il mio amico non può neanche prendersi la testa fra le mani e mettersi a piangere. Io lo farei, ma la forza la devo conservare per portarlo altrove, perché almeno le cose più semplici non gli siano negate. Ci viene in mente un altro pub, carino, stile irlandese, ottima birra, il City pub in via Marchetti e per entrare…c’è uno scalino. Siamo stanchi, l’unica scelta che abbiamo è chiedere aiuto. Arriva il proprietario e mette una pedana di legno che conserva per le “emergenze”. Tutti si voltano e noi che preferiamo l’ombra ci imbarazziamo entrambi. Finalmente ordiniamo due birre, ma il mio amico è triste per colpa di una città che sa ragionare solo con le gambe.

                                                                                                                                                            Letizia Stortini

(scritto nel 2016)

 

Ancora troppe barriere architettoniche
photo di Agnese Samà

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *