L’urgenza estrema di un annuncio vero
A Ripe / Trecastelli, in fondo al viale di accesso, la grande piazza del paese; la chiesa parrocchiale di San Pellegrino; sulla sinistra una scaletta conduce ai locali sottostanti, una cripta molto suggestiva restaurata di recente e per la prima volta aperta al pubblico nel modo che più le si addice: con una mostra d’arte.
“Annunci” è il titolo della mostra proposto ai dodici artisti che hanno accettato di partecipare dal Museo Nori de’ Nobili, in comunione di intenti con il Comune di Trecastelli e l’Unità Pastorale “Cinque pani e due pesci”, col favore dell’Associazione Belle Arti di Milano e dell’Associazione Carlo Emanuele Bugatti Amici del Musinf . Tema forte e suggestivo, capace di liberare espressioni singole in ciascuno di loro, ma proprio per questo omogeneo e non dispersivo nelle diverse tecniche e ispirazioni.
“Gli artisti si schierano con fermezza dalla parte della loro evoluzione interiore”, scrivono nel presentarlo Maria Jannelli e Simona Zava, curatrici del progetto. “Alle pareti sfilano le opere”, e “ogni opera è il riflesso della realtà spirituale e terrena dell’artista”, dove sono “affetti, ricordi, simboli di chi non si rassegna”.
Questa flessione inattesa ma risoluta verso la resistenza a un implicito dolore mette alla corda il carattere salvifico dell’annuncio angelico: è oggi un (disperato) messaggio di speranza, così come lo è la sua matrice, l’Annunciazione. Una contemporanea e un po’ consonante mostra sull’Annunciazione che si tiene a Prato segna una differente disposizione sul tema religioso, con un focus orientato alle figurazioni dell’âge classique; in comune con gli Annunci ripesi è l’urgenza estrema di un annuncio vero, non dunque advertising, non claim, non slogan, non spot, non evento.
Nella “centralità del messaggio”, il plurale del titolo libera l’artista dalla necessità di rappresentare l’annuncio fatto a Maria. L’attenzione si ferma sul messaggero, nel momento in cui il gesto dell’immaginetta sacra solleva la figura umana e si fonde con essa come diade (Cemak); o la cerca con occhi stellati e ali in pluriball, archetipo pop dell’innocenza (Jannelli); o si rispecchia in essa in armonici e assonanze (Matè); o si replica in un trittico erboso digitale quasi fosse l’angelo natura e anima della natura (Gorla); o trattiene frammenti di mondo impigliati nelle ali lunate dopo la tempesta (Lepore); o libra le braccia a mostrarci come si fa a volare (Skujina); o si installa nella forma antica di un pet alato dal gusto giocosamente apotropaico (Vitali Boldini); o, in assenza, ai piedi di una scala del paradiso che è anche la soffitta della nostra infanzia (Rosselli); o, en travesti umano, illividito in un drammatico riflesso rosso sangue che gli avvolge la spalla, lui stesso contaminato dal dolore (Delle Rose); o affiorante come il pesciolino nell’ansiosa ricerca di un oro alchemico che si assottiglia sopra un mare colore del vino (Sabatino); o – infine – il verso dell’angelo vendicatore dello stupro umano, non più un Gabriele annunciante ma un Michele rivoltoso, sampietrini al posto della spada, in una palingenesi della giustizia un po’ simile alla vendetta dell’esternalità (Galbusera); o quello senza più nome, fiaccato e ripiegato sulla sua possanza e come vinto da uno sforzo troppo grande che lo fa cadere a terra (Romagnoli).
Notevole che di tanti angeli nessuno sia visto di spalle nell’atto di condurci nella retta via o, tranne uno, al nostro fianco nell’atto di accompagnarci: messaggeri senza messaggio, si ritraggono come inorriditi; ecco perché lungo la visita ci insegue il fantasma spaventato dell’Angelus Novus di Klee.
Anche loro hanno bisogno di futuro.
Leonardo Badioli
La mostra, inaugurata mercoledì 8 dicembre, resterà aperta fino al 9 gennaio, nei giorni di venerdì, sabato e domenica, dalle ore dalle ore 17.30 alle 19.30. Per informazioni: Ufficio Turismo Trecastelli, 071 7957851 – trecastelliufficioturistico@gmail.com