Belize: NON E’ CHE IL PARADISO SIA A PORTATA DI MANO
Il Belize è una piccola e semisconosciuta nazione del Centro America, ma veramente incantevole sia per i nature lovers che per i più incalliti beach boys: 276mila anime si dividono fra meticci, creoli, maya e garifuna e sono in gran parte concentrate nella sgangherata e variopinta Belize City.
Si può iniziare con un’escursione a Mountain Pine Ridge, una riserva naturale di 800 kmq che si estende nelle bellissime e incontaminate regioni occidentali, punteggiata di cascate e ricchissima di orchidee selvatiche, pappagalli, tucani dal becco rosso e altri esemplari di flora e fauna esotica. La riserva ha in serbo per voi gite in piroga, birdwatching e tante escursioni fra una natura rigogliosa.E’d’obbligo anche un po’di frescura e relax a San Ignacio, stopover di rigore per coloro che decidano di visitare il più bel sito Maya esistente, Tikal in Guatemala. A proposito di Maya, il Belize offre Lamanai, sito non ancora completamente riportato alla luce e raggiungibile solo con un avventuroso percorso in barca fra uccelli e coccodrilli. Anche il Belize zoo e le riserve Baboon Sanctuary e Crooked Tree Wildlife Sanctuary sono bocconcini prelibati dove si possono incontrare scimmie urlatrici e tanti altri animali esotici. Per i trasporti interni, però, meglio non aspettarsi lussuosi autobus air conditioned, rimarreste un po’ delusi… Oltre alla natura incontaminata, le vere star del paese sono le due isole Caye Caulker e Ambergris Caye, due veri gioielli. La barriera corallina è, per estensione, seconda al mondo solo al Great Barrier Reef Australiano e l’incredibile limpidezza delle acque assicura una visibilità di oltre 60 metri. Si possono fare escursioni dirette anche agli altri cayes della regione, tra cui Blue Hole, Half Moon Caye e Turneffe Island, gli unici tre atolli corallini dell’emisfero occidentale.
Mi ricordo, appena giunto insieme al mio amico Fabrizio all’isola di Caye Caulker, d’essermi tuffato con incedere affannoso in una camminata per la piccola isoletta bramoso d’azzurro. Avevamo vaghe sembianze di avidi pirati alla scoperta di un tesoro proibito, ma purtroppo solo delusione traspariva dai nostri volti, come a dire: “tutto qui questo gran mare?”. All’istante mi sono ripreso ed ho pensato: “il paradiso non è che sia a portata di mano, va prima concepito con l’immaginazione, lavorato di fantasia e poi scovato, lo troveremo…”. Ma la piccola isola era finita, vista, esplorata, tastata, analizzata e beh… confesso che l’Adriatico non sfigura comparato alle acque che l’avvolgono. Allora ci siamo detti: “cerchiamolo più in là questo azzurro, se c’è la barriera corallina ci sarà anche uno scampolo di mare da sogno, in fondo siamo o no ai Caraibi?!”. La risposta era quindi d’obbligo: una barca era l’unica soluzione e, fra i tanti tour offerti nell’isola, a chi rivolgersi? Ma chiaro, ai tipi meno raccomandabili di tutti, un nero trentenne e un muso bianco cinquantenne, capelli rasta entrambi, aria da strafatti e noi, come a dirgli: “voi due portateci all’azzurro, senza indugio!”. Fabrizio era ancor più perplesso, come me non si fidava di quei due, ma chi si fiderebbe? Erano forse i tizi più sconsigliabili che avevo mai conosciuto, però l’intuito mi diceva che quei due erano pirati che il tesoro l’avevano trovato molto prima di noi. E poi, che potevano farci se non rubarci tutto e ammazzarci?! Ma che importa, in fondo quale miglior morte per un soldato che perire in battaglia?
Si parte… appena dieci minuti e una visione ci ha fatto svenire per alcuni secondi, fino a quando, rianimati, si è aperto il sipario su uno degli spettacoli più incredibili a cui le mie pupille avessero mai assistito: una briciola di paradiso, mare e cielo si fondevano e confondevano nella medesima gradazione di colore. Su una tinta azzurra appariva una sfumatura di blu, poi un tocco di celeste, infine una pennellata di turchese. Che gran pittore Colui che ha dipinto tal meraviglia! Eppur non era il primo capolavoro che vedevo, nel mondo ne avevo calcati di mari da sogno, ma questo aveva un che di sublime, “a kind of magic”, come cantavano i Queen magari pensando a paradisi come questo. Restando in tema musicale, una certa Maria Luisa Ciccone – in arte Madonna – nel 1986 ha invece dedicato la famosissima La Isla Bonita una canzone proprio a questa favola beliziana, “Pregavo che quei giorni durassero per sempre, ma sono passati velocemente; la brezza marina tropicale, la natura incontaminata e libera: questo è il luogo dove voglio vivere, la bella isola. Voglio restare dove il sole scalda il cielo. And when the samba plays… il sole era così alto che mi ronzava nelle orecchie e pungeva i miei occhi…”. Ma che fate? Aspettate un attimo! Non c’è un volo diretto, il volo è per Belize City, un’ora di speed boat e siete lì. Un po’ di pazienza per favore, il paradiso non è che sia a portata di mano!
Gianluca Goffi