Il modello elvetico
“medicina per l’Italia”
L’eliminazione del monopolio del potere legislativo è la grande forza del sistema politico svizzero, che alla democrazia rappresentativa affianca quella diretta: lo sostiene Leonello Zaquini, autore di un libro edito in Italia in cui illustra il modello elvetico. Questo, a suo avviso, dovrebbe fare scuola.
Nell’opera fresca di stampa “La democrazia diretta vista da vicino“, l’ingegnere bresciano, emigrato in Svizzera, milita apertamente per il sistema politico elvetico. In questo modello Leonello Zaquini, che è deputato nel parlamento del comune di Le Locle, nel cantone di Neuchâtel, vede la panacea per l’Italia e l’Unione europea. Intervista.
swissinfo.ch: Cosa l’ha spinta a pubblicare un libro in cui racconta agli italiani come funziona la democrazia diretta elvetica?
Leonello Zaquini: Sostanzialmente la speranza che gli italiani la copino – adattandola, perché non c’è nulla che si riproduce in modo identico –, la utilizzino e risanino in questo modo la vita politica del nostro paese, che purtroppo soffre.
La Svizzera ha una grande ricchezza: un giacimento di democrazia, che si è sedimentato nei secoli. E voglio che in Italia si sappia.
È opportuno che si sappia che c’è un paese proprio qui vicino, dove per esempio le leggi elettorali devono essere ratificate dai cittadini. Il parlamento italiano da vent’anni fa la legge elettorale: la porcata numero uno, che precede la porcata numero due, che sarà seguita dalla porcata numero tre.
Paragonando i due paesi, mi sono detto che la democrazia diretta affiancata alla democrazia rappresentativa è la medicina con la quale si possono guarire tanti malanni politici.
swissinfo.ch: La Svizzera è uno Stato piccolo e federale: è veramente certo che il modello elvetico possa funzionare in uno Stato grande e centralizzato?
L. Z.: Gli strumenti di democrazia diretta sono già stati adottati e funzionano in Stati ben più popolosi della Svizzera e con un sistema diverso. Basti pensare alla California, che conta circa 40 milioni di abitanti, dove la democrazia diretta è stata introdotta più di un secolo fa. Quindi credo che questo sia già una prova nei fatti.
Ma direi di più: l’UE da pochi anni ha introdotto uno strumento di democrazia diretta che è l’iniziativa dei cittadini europei (ICE). Certo è molto debole, ma è il primo passo ed è un segnale molto interessante. Peraltro, per l’ICE c’è la raccolta di firme via rete. Questo sarebbe un progresso anche per la Svizzera, perché attraverso la rete la raccolta è molto facilitata.
C’è poi un’altra considerazione da fare: se i cittadini sono in grado di eleggere dei rappresentanti perché mai non dovrebbero essere in grado di votare anche su temi concreti? È molto più difficile votare delle persone – perché non si conoscono, non si può mai sapere cosa faranno – che votare se si vuole o non si vuole qualcosa.
swissinfo.ch: Ci sono però anche questioni molto complesse su cui non tutti i cittadini sono in grado di decidere.
L. Z.: Verissimo. E in quei casi entra in gioco la saggezza dei cittadini, i quali piuttosto che sbagliarsi, si astengono dal votare. Constato che in Svizzera questo è piuttosto frequente. Mi sembra un atteggiamento corretto.
E comunque coloro che votano, anche quando sono una minoranza del corpo elettorale, costituiscono un campione rappresentativo di persone molto più numeroso che non un parlamento. La democrazia diretta utilizza l’intelligenza distribuita tra milioni di cittadini per il bene collettivo. Quindi l’espressione che esce dalla volontà popolare è senz’altro più ricca che non quella che può emergere da qualsiasi organo legislativo.
Certo, anche i cittadini commettono errori. Ma è più improbabile che sbagli una maggioranza di milioni di cittadini che una di un ristretto numero di parlamentari.
swissinfo.ch: Lei sembra innamorato della democrazia diretta svizzera. Non pensa che ciò possa portarla ad avere un’immagine distorta, ossia ad esagerarne le virtù e minimizzarne i vizi?
L. Z.: Mi sono posto la stessa domanda. Oggi sono sicuro di no. Tanto che ho dedicato un capitolo del mio libro ai limiti e ai difetti della democrazia diretta svizzera.
Bisogna sempre tener presente che tutti i sistemi decisionali sono fallaci. Anche il modello svizzero non è perfetto. Perciò si può e si deve cercare di migliorarlo in continuazione. Ciò nonostante, l’Europa intera ha molto da imparare da questo modello.
swissinfo.ch: Tra i difetti che cita nel suo libro, quali sono i due che a suo avviso dovrebbero essere corretti più urgentemente?
L. Z.: In primo luogo la mancanza di trasparenza nel finanziamento delle iniziative popolari. Si potrebbe facilmente imporre la trasparenza con una normativa.
Un problema abbastanza grave è quello dei partiti che, sempre più spesso, usano la democrazia diretta per farsi propaganda allo scopo di vincere le elezioni. Penso che sia molto importante impedirlo, ma credo anche che sia difficile ottenere una norma che vieti ai partiti di lanciare iniziative e referendum. Questi dovrebbero essere strumenti in mano ai cittadini e alle associazioni.
swissinfo.ch: E quali sono i due pregi principali della democrazia diretta svizzera?
L. Z.: Il pregio fondamentale, dal quale derivano tutti gli altri, è quello di eliminare il monopolio del potere legislativo. Questo è esercitato dai rappresentanti eletti e dai cittadini, ognuno con le proprie competenze, perché democrazia rappresentativa e democrazia diretta in Svizzera non si oppongono: sono complementari.
La democrazia diretta è garante della democrazia rappresentativa. I parlamentari sanno che ogni loro decisione può essere annullata dal popolo e questa eventualità influenza il loro comportamento. Ciò li obbliga ad essere rappresentanti nel vero senso della parola, ossia a rappresentare i cittadini.
Dove c’è solo la democrazia rappresentativa, invece, c’è il monopolio del potere legislativo. I partiti se ne impadroniscono tramite i rappresentanti dei cittadini, che in realtà si trasformano in delegati dei partiti. La democrazia diretta affiancata alla democrazia rappresentativa è un antidoto a questa degenerazione, che è la causa di tanti mali.
Sonia Fenazzi, Le Locle (Neuchâtel)
Iniziativa popolare e referendum
In Svizzera l’iniziativa popolare è una proposta di emendamento della Costituzione federale: può trattarsi di un nuovo articolo oppure di una modifica o della soppressione di uno esistente. I promotori devono raccogliere almeno centomila firme di elettori entro 18 mesi dal lancio affinché la proposta sia sottoposta a votazione popolare.
Se è formalmente riuscita, l’iniziativa è esaminata dal governo federale, che prende posizione e la trasmette al parlamento. Quest’ultimo ne dibatte e formula le sue raccomandazioni di voto all’indirizzo dell’elettorato. Per essere approvata, nella votazione popolare deve ottenere la doppia maggioranza di sì: del popolo e dei cantoni.
Il referendum facoltativo può essere lanciato contro tutte le leggi federali, così come i trattati internazionali di durata indeterminata e che non si possono denunciare, che prevedono l’adesione a un’organizzazione internazionale o che comportano un’unificazione multilaterale del diritto. Per sottoporre il testo contestato al voto popolare, i promotori devono raccogliere almeno 50mila firme di elettori entro cento giorni dalla pubblicazione dell’atto legislativo.
Inoltre sottostanno al referendum obbligatorio, ossia devono sempre essere votate dal popolo, le modifiche costituzionali, l’adesione a organizzazioni di sicurezza collettiva o a comunità sopranazionali e le leggi dichiarate urgenti che entrano in vigore per più di un anno.