Gli animali approfittano della nostra assenza per nuove libertà
Stiamo attraversando un periodo difficilissimo e la paura di essere contagiati dal virus ci cambia la vita. Aver paura di incontrare uno sconosciuto o di uscire di casa è l’assillo che qualche volta ci opprime. Allora si cerca di programmare la giornata mettendo dei paletti che ci proponiamo di non superare, ma non si può stare tutto il giorno dentro le quattro mura domestiche. Perciò, mascherina sempre pronta e scelta di un itinerario sicuro, lontano dalla mischia e soprattutto all’aria aperta, è il comportamento che ci autoprescriviamo se vogliamo uscire di casa. Noi senigalliesi abbiamo la fortuna di avere ampi spazi di verde e una spiaggia larghissima, specialmente verso la cosiddetta marina vecchia, ovvero a ponente. L’altro ieri, lunedì 16 u.s., decisi di fare una lunga camminata dal molo verso il Cesano, sulla sabbia ancora umida dalla “guazza” ma agevolmente percorribile. Il mare era mosso e l’aria umida mi costringeva tenere il giubbetto ben accollato. Erano le 16 e 30. Sulla mia sinistra gli stabilimenti balneari chiusi e andando sempre verso nord, ogni tanto degli spiazzi di erba ormai ingiallita, recintati con delle corde per impedire, specie durante la stagione estiva, di essere calpestati dai bagnanti. Quelle aree erano state appositamente predisposte a tutela del “Fratino”, quel piccolissimo trampoliere che nidifica anche sulla nostra spiaggia. Durante la scorsa estate ogni tanto, ma raramente, se ne incontrava qualcuno che, quasi furtivamente, si avventurava tra gli ombrelloni in cerca di qualche insetto. In questa stagione chissà – pensavo – forse sono rintanati in vista della brutta stagione. Improvvisamente alzando lo sguardo verso lo stabilimento davanti all’Hotel Bologna, ho visto a pochi passi da me un gruppo numeroso di fratini che gironzolavano in cerca di cibo. Che sorpresa! Una cosa mai vista. Saranno stati una ventina e non dimostravano di essere molto disturbati dalla mia presenza. Allora ho preso il telefonino e ho iniziato a filmarli avvicinandomi pian piano al gruppetto e loro, senza alzarsi in volo, hanno iniziato a correre veloci sulla sabbia con le loro lunghe zampette. Poi, insistendo nell’inseguimento fotografico, li ho costretti ad alzarsi in volo e sono andati a posarsi a qualche centinaio di metri da me. È stata una bella esperienza che mi ha fatto pensare quanto siano state utili e opportune quelle oasi appositamente predisposte che, secondo me, hanno contribuito notevolmente alla riproduzione di quello che gli ornitologi chiamano “il piccolo limicolo giramondo” e il cui nome scientifico è: “Charadrius alexandrinus”. Volendo conoscere la storia di questo uccello leggendario è possibile trovare sulla rete notizie davvero curiose.
Racconto e foto di Franco Patonico