I senza fissa dimora sono in aumento anche nelle nostre piccole realtà
di Leonardo Badioli
Quanti homeless occasionali o abituali ci sono nella nostra città? Più di quanti possiamo indovinare. Sono segni della loro presenza cartoni e materassi sotto il ponte di Portone, nei sedimi del lungomare e anche nelle casette del latte abbandonate. Cosa fare di questa informazione? Elenco varie ipotesi. 1) fregarcene: del resto gli homeless esistono in tutto il mondo; e noi, anzi, consideriamo la loro presenza come un passo nel cosmopolitismo; 2) vederla esteticamente: in fin dei conti la vita del clochard può essere anche una scelta di libertà, per quanto faticosa; 3) rammaricarcene pensando alle sofferenze di chi non ha nessun altro modo per vivere; 4) con questo chiuderci nella convinzione che l’essere senza casa e il dormire sotto i ponti sia l’effetto di uno sviamento personale e non di una deriva sociale; 5) piuttosto chiederci come mai, con tanta spesa degli istituti pubblici e di quelli privati pubblicamente soccorsi e assistiti, non si sia trovato il modo di dare un letto e un tetto al numero crescente di persone che non ce l’ha; 6) tornare magari ai dormitori pubblici?
Per avere una risposta sarà importante conoscere questa realtà e ricavarne una narrazione, visto che non siamo più ai tempi di Victor Hugo e che ogni sera tutti entriamo in un letto con più o meno soddisfazione: tutti meno qualcuno.