Il Kurdistan per noi ha inizio qui…
“Il Kurdistan turco per noi comincia qui. È in questo luogo così estraneo dalle rotte della Istanbul dei turisti a caccia di sensazioni da mille e una notte che, senza saperlo, iniziamo a conoscere i suoi odori. A riconoscere i suoi volti, ad attutire – stringendo i denti – i suoi primi pugni nello stomaco. Schietti come un bicchiere del nostro Barbera”; scrivono Gandolfi e Maugeri nel libro “A est di Hamilton road”.
Per me, ed i 23 studenti dell’istituto Podesti di Ancona in visita d’istruzione in Turchia con il progetto “Adotta un conflitto”, il Kurdistan inizia in una delle vie principali di Istanbul, all’interno del MKM – Centro culturale della Mesopotamia.
Ad accoglierci c’è Sarya, ragazza dai capelli lunghi e scuri con al collo il tradizionale foulard curdo. Sarya ci accompagna su per una scala ripida e buia. Il desiderio di vedere e di capire ci spinge ad entrare. All’interno del centro l’ambiente è curato ed informale; attorno a noi ci sono libri, poster, cd e riviste. Seduti ai tavoli, ci viene offerto il čai, tipico tè curdo dal colore rosso, servito in bicchierini di vetro affusolati, su un piattino di ceramica con le zollette di zucchero a fianco. Qui conosciamo Francesco ed Emanuela, due studenti della facoltà di “Relazioni internazionali” di Cagliari, anche loro ad Istanbul per approfondire la questione curda. I due giovani italiani si lasciano andare a domande ed interviste, materiale che servirà per la loro tesi di laurea. Chiacchierando fra i tavoli abbiamo la conferma della complessità della vita per i curdi che risiedono nella capitale turca. Delimitare anche solo geograficamente il Kurdistan, è più che altro un’operazione politica: cominciano qui le problematiche della questione curda. Non avendo confini naturali ben precisi, il Kurdistan è quella “regione” divisa tra Turchia, Iran, Iraq, Siria e le repubbliche ex sovietiche di Georgia ed Armenia. La parte più grande del Kurdistan è costituita dall’Anatolia orientale e rappresenta un terzo dell’intero territorio dell’attuale repubblica turca. La posizione ufficiale della Turchia nei confronti della questione curda è riassunta nel discorso del primo ministro Nihat Erim del maggio del 1971 il quale disse: “Non accettiamo altra nazione abitante la Turchia se non quella turca. Come possiamo vedere c’è una ed una sola nazione in Turchia: la nazione turca. Tutti i cittadini che vivono in varie parti dello stato sono soddisfatti di essere Turchi”.
Ma sentendo le parole di Sarya, non sembra essere così. “Nel 1990 è nata l’esigenza e la volontà di fondare il Centro culturale della Mesopotamia per mantenere viva la nostra identità. Il Centro è un luogo di aggregazione e la musica è il linguaggio scelto per affermare la nostra esistenza, mantenere la nostra lingua, la nostra cultura, le nostre tradizioni da trasmettere alle nuove generazioni. I musicisti ed i cantanti hanno oggi la possibilità di esibirsi qui al Centro, o di portare in giro per l’Europa le loro canzoni ed i loro testi, ma non di esibirsi per le strade e per le piazze della Turchia. Dall’apertura del Centro culturale della Mesopotamia, molti membri hanno subìto arresti e discriminazioni”.
Con sorpresa scopriamo che le opere del Premio Nobel Dario Fo, rientrano nel loro repertorio teatrale. Non a caso proprio Dario Fo e Franca Rame lanciarono un appello a favore della causa curda.
Per distendere la tensione un uomo inizia a suonare, e subito una donna gli si affianca con la voce. Ne esce una musica profonda e remota. “La musica svolge un ruolo di funzione sociale fondamentale: dalle cronache alla poesia lirica, passando attraverso le epopee e alcune opere della letteratura scritta, tutto è musicato per essere meglio memorizzato e tramandato”, ci dicono. A seguire ritmi sempre più sfrenati e coinvolgenti, una miscela di folk e rock, in un turbinio di canti e balli che scaldano l’anima e il cuore.
Silvia Argentati