scritto da Antonio D’Orrico in “Sette” del Corriere della Sera del 24/05
Mancano ancora più di sei mesi alla fine dell’anno, ma il debutto migliore è già questo e non sarà facile spodestarlo. Benevolenza cosmica è il primo romanzo di Fabio Bacà. Di lui so poco: che ha quarantasette anni; che ha fatto il giornalista (coi tempi che corrono l’importante è averlo fatto e poi avere smesso, perseverare sarebbe risultato diabolico); che insegna ginnastiche dolci; che è nato e vive sull’Adriatico.
Bacà ambienta il suo romanzo a Londra, una città che tra i suoi nove milioni di abitanti comprende “più di tremila maghi, spiritisti, streghe, indovini, aruspici, veggenti, cartomanti, sacerdoti vudù”. Nella capitale inglese, secondo Bacà, non mancano altri aspetti che danno da pensare. Per esempio, la zona della città che conta il più alto numero di suicidi ospita anche la maggiore concentrazione di studi di psicoanalisti. Le due cose sono legate da un rapporto di causa ed effetto? E qual è la causa e quale l’effetto? Sembra la vecchia storia dell’uovo e della gallina.
Questioni simili si pone continuamente il protagonista di Benevolenza cosmica, Kurt O’ Reilly, segnato da adolescente da un proverbio russo citato da Roman Polanski in un’intervista: “Non si possono baciare tutte le donne. Però bisogna provarci.” Incoraggiato dal padre, un professore di filosofia con un debole per i pensatori tedeschi, Kurt ha provato ad applicare nella vita il “galateo amoroso sovietico”. Un’altra cosa ha segnato il personaggio: la morte di un fratello con conseguente sentimento di colpa da superstite. Infine, Kurt ha una fortuna sfacciata nella vita. C’è dietro tanta benevolenza cosmica qualcosa di faustiano?
Più in questa parte in stile vecchi telefilm Ai confini della realtà o, se preferite, Black Mirror, Bacà convince nell’invenzione di personaggi come la moglie di Kurt (scrittrice di “thriller al femminile dalla trama contorta”) o il suo medico personale, seguace del fondamentalismo poligamico (“Aveva i lineamenti arrotondati di un amante di birre scure”).