Vogliamo ricordare Leonardo Barucca, poeta colto, raffinato e popolare, persona sensibile e creativa che ha dato tanto al panorama culturale di Senigallia, scomparso a 63 anni. Di sé scriveva, dieci anni fa, in una raccolta di poesie in dialetto senigalliese “dàm.c’ n’arcòlta”, oramai introvabile:
“Sono nato nel 1957 a Senigallia, anzi al Ciarnin, vitalissima irregolare periferia tra statale e ferrovia, mare e campagna. Una bellissima infanzia, tanti amici, giochi, avventure e tanta solitudine, a guardare treni, autoarticolati e papaveri rossi tra i campi di grano, tra esalazioni di nafat, odor di letame, sferragliare e sbuffare le locomotive, il profumo del fieno e il ronzare dei maggiolini legati al filo, l’attesa del progresso e degli extraterrestri e la caccia alle lucertole con arco e frecce. E poi discorsi e racconti di contadini, pescatori, camionisti, ferrovieri, stradini e turisti forestieri arrivati dalle grandi città. La mia formazione culturale e poetica in fondo è tutta qui, i successivi quarant’anni sono solo un’appendice, un corollario. Studi incostanti ed eclettici, tentativi teatrali e musicali, letture e interessi affascinanti o solo affascinati e un bel mestiere per campare: l’albergatore, che porta almeno sotto il naso un po’ di quel mondo che si era sognato di esplorare il che, ormai si sa, sarà per sempre solo sogno. In tutto questo tempo la poesia è sempre stata sommersa, a volte, e per brevi periodi, ha provato a cacciar fuori la testa per tornare però subito ad inabissarsi. Da alcuni anni invece, io e la poesia, più sovente nuotiamo allegramente insieme, a pelo d’acqua. Questa rinnovata felicità espressiva credo di doverla, oltre che all’incombente rincoglionimento senile, anche alla riscoperta della mia vera lingua madre: il dialetto senigalliese. E’ con quelle parole dei miei nonni che sempre più spesso mi scopro a pensare il mondo e la vita”.