Simona Vinci
La prima verità
Einaudi, 398 pagine
“Ognuno racconta i suoi mostri, e i sogni, gli incubi, i desideri, la sua versione dei fatti e hanno tutti ragione perché una prima verità non esiste da nessuna parte. E’ tutto vero, anche quando non lo è”, conclude Simona Vinci nel romanzo con cui torna in libreria dopo anni di assenza, e che forse rimarrà, con quello di Meacci, il più bello di questa stagione. Non si finirebbe di parlarne, perché va oltre la letteratura ma restando alta letteratura. Evoca la storia di un manicomio (fondato nel 1959) che ha dato di che vivere agli abitanti dell’isola greca di Leros, ma che nel 1989, grazie ad un articolo dell’Observer, fu oggetto di uno scandalo internazionale e dell’intervento di un gruppo di allievi dell’indimenticabile Franco Basaglia. E’ attorno al lavoro di una ragazza del gruppo che il romanzo cresce, elaborando storie di adulti e bambini, e non solo di “matti” ma anche di oppositori politici dei colonnelli lì rinchiusi a morire, storie tremende di personaggi inventati ma documentabili. E’ un grande romanzo di struttura complessa ma chiara, e quasi dostoevskiano nel dire un vero molto vero. Ed è l’occasione per scavare, nei due capitoli finali, sul nostro mondo, sulla sua pazzia di ieri e di oggi.
Leros è uno specchio di un universo in cui i “disturbi” mentali riguardano tutti, sono il nostro modo di esistere, di fare e di farci del male.