Una moglie leggendaria
In questo capitolo si narra come l’Autrice per aver difeso armi alla mano il suolo della Patria contro l’Invasore teutonico e i suoi Complici fascisti venisse insignita dalla Patria riconoscente di una Medaglia al Valor Militare, del grado di Capitano e di una pensione di lire 170.
di Joyce Lussu
Il 30 dicembre era una giornata bellissima. Da una parte si vedeva la linea celeste del Mare Adriatico, appena segnata dal celeste del cielo, dall’altra le vette bianche del Monti Sibillini; e in mezzo le file di colline, pezzate dell’ocra delle arature e del verde dei finocchi e dell’insalata, con sulle cime le piccole città medievali di cotto rosato. Stavo andando all’ufficio postale di Capodarco, frazione di Fermo, a riscuotere la quota annua del debito vitalizio che lo Stato italiano ritiene di riconoscersi nei miei confronti, avendo io difeso la patria armi alla mano. […] I motivi della riconoscenza dello Stato italiano verso di me sono riassunti nel Decreto del Presidente della Repubblica emesso in data 24 dicembre 1955: […]
“Esule in terra straniera, perseguitata dalle polizie asservite ai nazisti, costretta a una vita di privazioni e di sacrifici, di stenti, ha tenuto alta per oltre tre anni la fiaccola della Resistenza lottando con insuperabile fede e valorosa tenacia per il riscatto della Patria. Rientrata in Italia superando pericoli spesso mortali, attraversando arditamente più volte fronti e frontiere, ha assolto missioni di estrema delicatezza ed importanza irradiando intorno alla sua mirabile attività un alone di leggenda”.
Si sa che lo stile letterario e l’esattezza storica delle motivazioni militari non è mai a livelli accademici. Debbo tuttavia far notare, per i bisnipoti se ritrovassero la medaglia in qualche cassetto, che lottare contro il fascismo non è stato per me un sacrificio, ma una scelta convinta e soddisfacente, e che la fiaccola della Resistenza, a rischio di farmi venire un’artrosi all’articolazione dell’omero, l’ho tenuta alta per ben più di tre anni. L’ultima frase stimolava l’umorismo di Emilio [Lussu]: “Si trovano in letteratura delle ricette”, diceva, “sul come comportarsi con una moglie bisbetica o distratta, troppo devota o troppo indipendente; ma con una moglie leggendaria che cosa si fa?”
La medaglia la vidi parecchi anni dopo. Il 19 luglio 1960 (ero a Cagliari) ricevetti una lettera a firma del Generale di Divisione comandante il Presidio della Sardegna, così concepita:
“È pervenuto a questo Comando il brevetto n. 2379 con relativa insegna metallica di medaglia d’argento al V.M. conferita alla S.V.. Prego volermi far conoscere se Ella gradisce la consegna della predetta ricompensa al V.M. in forma privata o in forma solenne in occasione di cerimonia militare”.
Risposi che gradivo la forma solenne. […] Sperimentai così le solennità militari, fatte di fanfare, di bottoni lustri, di scarpe lucidate, di file di facce senza sorriso, di ordini secchi e di scatti simultanei. Dato che avevo il grado di Capitano (in riserva dal 1945) tenenti e sottotenenti scattavano sull’attenti con particolare zelo, curiosi di vedere che faccia avesse una donna che aveva fatto la guerra (la quale, viceversa, era una donna come tutte le altre). La Patria, riconoscente, mi ringraziava così. E col soprassoldo che andavo a ritirare all’ufficio postale di Capodarco.
La prima volta che c’ero andata, l’impiegata, guardando il modulo del Ministero del Tesoro, mi aveva chiesto amabilmente: “Vedova di militare?”. Sentendomi declassata da questa supposizione (inoltre non ero ancora vedova), l’avevo trafitta con uno sguardo freddo e marziale e avevo risposto seccamente: “No. Militare. Combattente Campagna 1943-1945”.
(Joyce Salvadori Lussu, L’uomo che voleva nascere donna, ed. Mazzotta, 1978)
… una donna che ha lasciato il suo segno e nel cuore di tante donne ha portato coraggio e fortezza. Bello vederne una parte, certamente importante per il nostro Paese.